Il colore può essere un marchio?

Il marchio di colore è uno dei tanti tipi di marchio esistenti. Più in dettaglio, per marchio di colore si deve intendere un segno distintivo costituito unicamente da un colore o da una combinazione di più colori, senza ulteriori elementi (parole, numeri, elementi grafici o altro).

Giova qui ricordare che, se la funzione principale di un marchio è proprio quella di indicazione di origine così che il segno sia idoneo a distinguere sul mercato i prodotti o servizi di una determinata impresa da quelli di altre imprese, il marchio di colore consente al consumatore di percepire e di memorizzare quel dato colore o la particolare combinazione cromatica che lo contraddistingue per effettuare e poi reiterare, con certezza, un’esperienza di acquisto gratificante.

E’ innegabile, d’altro canto, l’impatto che i colori hanno nella nostra vita quotidiana, laddove possono avere capacità di tranquillizzare, ispirare gioia, intristire e così via. Gli esperti di comunicazione d’impresa conoscono bene le potenzialità legate alla comunicazione emotiva ed evocativo-suggestiva dei colori e, in virtù di approfonditi studi di settore, sono in grado di mettere a frutto tali potenzialità anche attraverso la creazione di un marchio di colore che rifletta l’identità aziendale ed il mondo valoriale ad essa connesso, rendendo il marchio immediatamente riconoscibile.

Come per le altre tipologie di marchio, anche il marchio di colore deve sottostare a determinati requisiti che, oltre alla capacità distintiva, includono anche la novità del segno, la sua rappresentabilità grafica e la liceità.

Inoltre, dal momento che la gamma dei colori è limitata, è poi altresì necessario bilanciare il diritto ad essere titolari di un marchio di colore con l’interesse generale alla libera disponibilità di tale colore, affinché i colori puri non siano monopolizzati da pochi soggetti che ne vietino l’uso a tutti gli altri operatori economici.

Ma come si fa a registrare un colore come marchio?

E’ possibile registrare il marchio di colore in Italia (UIBM) e a livello dell’Unione Europea (EUIPO), oltre che a livello nazionale estero nei paesi dove la normativa locale lo consente, purché anzitutto il segno assolva alla funzione di marchio, ossia sia dotato di capacità distintiva così che il colore o la combinazione di colori prescelta siano idonei a distinguere il prodotto o servizio fornito dall’impresa che registra il marchio rispetto a quello di altre imprese.

Di solito, nel caso del marchio di colore, la capacità distintiva può essere anche determinata da una massiccia utilizzazione del segno sul mercato così che il pubblico di riferimento associ a quello specifico colore o combinazione di colori un determinato prodotto o servizio come proveniente da una specifica impresa. In tale modo il carattere distintivo viene acquisito tramite l’uso commerciale del marchio (il c.d. secondary meaning).

Da tenere presente che la normativa italiana impedisce poi di registrare come marchio di colore una tonalità direttamente connessa all’oggetto della propria attività: per esempio, un’azienda che produce aranciata non potrà registrare un arancione come proprio marchio di colore per evidenti motivi di concorrenza, il che di riflesso dovrebbe piuttosto incoraggiare la creazione di marchi di colore creativi, necessariamente diversificati rispetto al prodotto venduto, che possano essere realmente distintivi sul mercato.

In Italia la tendenza a escludere la possibilità di registrare come marchio singole specifiche tonalità cromatiche è stata motivata dalla Suprema Corte “per non restringere indebitamente la disponibilità di colori per gli altri operatori che offrono prodotti o servizi analoghi” (Cass. sent. n. 7245/2008), posto che la questione resta dibattuta e l’orientamento giuridico prevalente rimane quello di valutare sempre caso per caso.

Nell’ordinamento dell’Unione Europea, l’approccio è simile. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha indicato che, per registrare un colore come marchio, non solo si deve trattare anzitutto di un colore idoneo a costituire un “segno”, ossia ad essere suscettibile di rappresentazione grafica accompagnata da una descrizione scritta del colore stesso oppure da un codice colore di identificazione, ma il segno deve possedere il carattere distintivo e individualizzante in quanto nella maggior parte dei casi un semplice colore è inidoneo a essere ricollegato a una determinata impresa. Seppur non viene esclusa a priori la possibilità di registrare come marchio un colore, la Corte resta scettica sulla questione, precisando come debba essere sempre adottato il criterio della valutazione caso per caso.

Il processo di registrazione del marchio di colore è uguale a quello di qualsiasi altra tipologia di marchio: al momento della descrizione di ciò che si vuole tutelare, come appena precisato, sarà necessario una descrizione scritta del colore o la sua identificazione univoca con un codice cromatico e la completa e corretta presentazione della domanda di marchio che il professionista dello Studio Dragotti & Associati è in grado di offrire.

La legislazione tende ad affidarsi al sistema elaborato da Pantone, azienda americana di tecnologie grafiche  per la catalogazione dei colori: ogni tonalità viene identificata da un nome e da un codice numerico.

I marchi di colore più famosi

Pur essendo concesso a livello normativo, come si diceva, i legislatori tendono a scoraggiare l’impiego di una sola tonalità cromatica per la registrazione di un marchio di colore, poiché è difficile che da sola riesca a raggiungere i requisiti di distintività.

Tuttavia, quando un marchio di colore consistente nella singola tonalità cromatica nella percezione del consumatore è immediatamente associato con chiarezza ad una determinata impresa, il marchio di colore diviene particolarmente noto.

Alcuni esempi concreti dei casi più illustri di marchio di colore costituiti unicamente da un singolo colore sono:

  • Tiffany: il blu di Tiffany è uno dei marchi di colore più antichi (circa 1845), scelto inizialmente come copertina del catalogo della gioielleria per richiamare i turchesi, molto di moda al tempo, e poi esteso a tutto il corredo (scatole, sacchetti, packaging); il Blu Tiffany è famoso al punto da dare il nome al corrispettivo colore Pantone, 1837;
  • Coca-Cola: un altro marchio storico che ha basato la sua capacità distintiva sul proprio colore è la Coca-Cola, che fin dal 1886 ha adottato la combinazione bianca-rossa utilizzata tutt’oggi nel logo dell’azienda e sui suoi prodotti;
  • Barbie: la tonalità di rosa associata alla famosissima bambola di Mattel è stata registrata dall’azienda come marchio di colore non solo nel settore merceologico dei giocattoli, ma in quasi un centinaio di altri contesti per consolidare la proprietà e l’iconicità del colore;
  • Post-It: questo prodotto è definito da una particolare sfumatura di giallo, giallo canarino per la precisione, che fu scelta semplicemente perché non c’erano altri tipi di carta disponibili per i primi test di stampa e che oggi è indissolubile dall’articolo di cartoleria;
  • Milka: il lillà, ben distante dall’immaginario cromatico associato al cioccolato, è diventato il segno distintivo per tutti i prodotti Milka ed è stato esteso anche al manto della mucca che fa da mascotte all’azienda;
  • Ferrari: un altro rosso storico è quello di Ferrari, inizialmente adottato perché nell’automobilismo sportivo internazionale a ogni Paese era associato un colore e quello italiano era appunto il rosso; con il tempo l’azienda di Maranello l’ha fatto diventare parte della propria identità al punto da far diventare il rosso il colore d’eccellenza nell’immaginario delle auto sportive.

I professionisti dello studio Dragotti & Associati sono disponibili a fornire la propria assistenza per la valutazione e tutela di marchi di colore in Italia e nel mondo.